Come si chiamano oggi i cartoni animati?
Nel linguaggio pubblicitario contemporaneo, i termini cartone animato e cartoon sono talvolta usati impropriamente anche per descrivere serie televisive live-action. In contesti più specifici e tecnici, le opere di animazione vengono definite cortometraggi danimazione o lungometraggi danimazione, a seconda della loro durata.
Oltre i “cartoni animati”: l’evoluzione del linguaggio dell’animazione
“Cartoni animati”. Un termine che evoca immediatamente immagini di infanzia, di pomeriggi trascorsi davanti alla TV, di personaggi colorati e mondi fantastici. Ma quanto è ancora attuale questa definizione nell’era dello streaming, dell’animazione CGI e di una produzione sempre più variegata e complessa?
Seppur radicato nell’immaginario collettivo, il termine “cartoni animati”, così come “cartoon”, appare oggi un po’ anacronistico e semplicistico, soprattutto in ambito professionale. Come un vestito ormai troppo piccolo per un corpo cresciuto, fatica a contenere la molteplicità di forme e linguaggi che l’animazione ha assunto nel tempo. Il suo utilizzo, infatti, tende a uniformare produzioni estremamente diverse tra loro, dai semplici disegni bidimensionali per bambini alle complesse opere in CGI fotorealistica, passando per tecniche miste di stop-motion e animazione digitale.
Nel linguaggio pubblicitario, la confusione regna sovrana. Spesso, con una licenza poetica forse eccessiva, “cartone animato” e “cartoon” vengono utilizzati impropriamente per descrivere anche serie televisive live-action, probabilmente nel tentativo di catturare l’attenzione di un pubblico più giovane, associando il prodotto a un’idea di leggerezza e divertimento. Questa generalizzazione, però, contribuisce a sminuire e a rendere ancora più nebuloso il confine tra generi diversi.
In contesti più specifici, come festival, rassegne e ambienti accademici, si preferisce una terminologia più precisa e rigorosa. Si parla quindi di cortometraggi d’animazione o lungometraggi d’animazione, a seconda della durata dell’opera, distinguendo inoltre tra le diverse tecniche utilizzate: animazione tradizionale, 2D, 3D, stop-motion, e così via. Questa classificazione permette di valorizzare le peculiarità di ogni produzione e di facilitare la catalogazione e l’analisi critica.
L’evoluzione del linguaggio riflette l’evoluzione del mezzo stesso. L’animazione non è più solo un intrattenimento per bambini, ma un linguaggio artistico a tutti gli effetti, capace di affrontare temi complessi e di rivolgersi a un pubblico eterogeneo. Pertanto, anche il lessico utilizzato per descriverla deve adattarsi a questa nuova realtà, superando le semplificazioni del passato e abbracciando la ricchezza e la varietà dell’animazione contemporanea. Dunque, “cartoni animati” sì, ma con la consapevolezza che si tratta di un’etichetta nostalgica, un’ombrello troppo piccolo per coprire un cielo ormai immenso e popolato da stelle di ogni forma e colore.
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