Come si chiama la maniglia della tazza?

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La parte superiore di una tazza, che serve ad afferrarla, non ha un nome specifico univocamente accettato. Dipende dal tipo di tazza e dal linguaggio colloquiale. Si può usare manico, impugnatura, o, in alcuni casi, termini più descrittivi.
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L’inafferrabile nome della presa: un’indagine sulla nomenclatura delle tazze

Quante volte, nel corso della giornata, afferriamo una tazza? Probabilmente molte. Eppure, la semplice azione di impugnare una tazza cela una curiosità linguistica: come si chiama, in realtà, quella parte che ci permette di farlo? A differenza di altre componenti facilmente denominabili (la base, il corpo, l’orlo), la parte superiore di una tazza, quella che serve ad afferrarla, manca di un nome univoco e universalmente accettato. Una lacuna lessicale che sorprende, considerando la sua importanza funzionale.

La mancanza di un termine specifico evidenzia la natura pragmatica del linguaggio. Di fronte all’oggetto, la necessità di comunicare prevale sulla necessità di una terminologia precisa. Così, “manico” emerge come la parola più comune e intuitiva, adatta per tazze dotate di un’appendice curva e saliente. Questo termine, semplice ed efficace, si adatta a una vasta gamma di oggetti, dalle tazze da caffè a quelle da tè, passando per le brocche e le teiere.

Tuttavia, “manico” non esaurisce la questione. Per le tazze senza un’appendice propriamente detta, ma con una semplice sporgenza o un’area leggermente più ampia e rientrante, l’utilizzo di “impugnatura” appare più appropriato. Il termine suggerisce una presa meno definita, più adattabile alla forma dell’oggetto. È un termine più tecnico, che sottolinea l’aspetto funzionale dell’elemento, più che la sua forma fisica.

Inoltre, la scelta del termine varia anche in base al contesto e al linguaggio colloquiale. Possiamo trovare espressioni più descrittive e pittoresche, come “la parte da prendere,” “il bordo superiore,” o, più poeticamente, “il punto di contatto.” Queste perifrasi, seppur meno precise, rivelano la flessibilità del linguaggio e la sua capacità di adattare la comunicazione alle diverse esigenze.

In definitiva, la “maniglia della tazza” non ha un nome ufficiale. La sua denominazione dipende dal tipo di tazza, dalla sua forma e dal contesto comunicativo. Questa apparente mancanza di un termine specifico, in realtà, mette in luce la ricchezza e la fluidità del linguaggio, capace di adattarsi e comunicare efficacemente anche in assenza di una nomenclatura rigida e definita. La prossima volta che solleveremo una tazza, potremmo riflettere su questa piccola, ma significativa, lacuna lessicale.