Fa male trattenere il respiro?

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Prolungate apnee superiori a un minuto causano una drastica riduzione dellossigeno nel sangue. Se la respirazione non viene ripresa rapidamente, dopo circa tre minuti possono verificarsi danni cerebrali irreversibili. In assenza di ventilazione, il decesso sopraggiunge in un lasso di tempo breve.

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Il Pericolo Silenzioso: Cosa Succede Quando Tratteniamo il Respiro?

Trattenere il respiro, un atto apparentemente innocuo, può nascondere insidie significative se protratto per un tempo eccessivo. Che si tratti di un gioco infantile, di un tentativo di apnea subacquea o semplicemente di una dimenticanza dovuta a distrazione, superare una certa soglia di apnea può avere conseguenze serie per il nostro organismo, in particolare per il cervello.

Il meccanismo è semplice quanto inesorabile: il nostro corpo necessita di ossigeno per funzionare correttamente. Questo gas vitale viene trasportato dal sangue e permette alle cellule di produrre energia. Quando tratteniamo il respiro, interrompiamo questo ciclo essenziale.

Cosa succede quindi, minuto per minuto?

Nei primi istanti, il nostro corpo reagisce con meccanismi di sopravvivenza. Il battito cardiaco rallenta, cercando di conservare l’ossigeno disponibile. La milza si contrae, rilasciando globuli rossi in circolo per aumentare la capacità di trasporto dell’ossigeno. Questo è il motivo per cui gli apneisti allenati riescono a resistere a lungo sott’acqua.

Tuttavia, queste riserve non sono infinite. Oltrepassato un minuto, la concentrazione di ossigeno nel sangue (la saturazione) inizia a diminuire drasticamente. Il cervello, organo particolarmente sensibile alla mancanza di ossigeno, inizia a soffrire.

La soglia critica: i tre minuti fatidici.

Se l’apnea si protrae oltre i tre minuti, il rischio di danni cerebrali irreversibili aumenta esponenzialmente. La mancanza di ossigeno prolungata può causare la morte di neuroni, compromettendo funzioni cognitive, motorie e sensoriali. Immaginiamo il cervello come un motore di un’auto: senza il carburante (l’ossigeno) si spegne e, in caso di interruzione prolungata, può subire danni irreparabili.

Oltre a questo, la mancanza di ossigeno può portare a un’aritmia cardiaca, un’irregolarità nel battito cardiaco che può, nei casi più gravi, culminare in un arresto cardiaco.

Oltre la soglia: la morte per annegamento secco.

Prolungando ulteriormente l’apnea, in assenza di ventilazione, il decesso sopraggiunge rapidamente. In acqua, questo può portare al cosiddetto “annegamento secco”. Si tratta di una condizione in cui, a causa dello spasmo della laringe indotto dalla mancanza di ossigeno, l’acqua non entra nei polmoni. Tuttavia, la mancanza di ossigeno provoca comunque la perdita di coscienza e l’arresto cardiaco.

In conclusione:

Trattenere il respiro è una pratica che richiede consapevolezza e prudenza. Pur non essendo intrinsecamente pericolosa in brevi intervalli, superare la soglia critica di un minuto può innescare una cascata di eventi potenzialmente letali. La prudenza è fondamentale, soprattutto in attività subacquee, dove la conoscenza dei propri limiti e la presenza di un compagno sono elementi imprescindibili per la sicurezza. Ricordiamo che la salute del nostro cervello è un bene prezioso, da proteggere anche da un apparentemente innocuo trattenere il respiro.