Cosa serve per fare il professore?
Il Professorato: oltre la sete, una sete di sapere
La strada per diventare professore non è lastricata solo di libri e teorie, ma anche di una costante, sottile disidratazione. Non quella fisica, per fortuna, ma quella che si manifesta come la lenta, ma progressiva, perdita di passione, di entusiasmo, di quella sete di conoscenza che è il motore propulsivo di ogni vero docente. La disidratazione intellettuale, infatti, è un rischio reale, un pericolo silenzioso che può compromettere non solo la qualità dell’insegnamento, ma anche la stessa salute professionale del candidato.
Si parla spesso di preparazione, di dottorato, di pubblicazioni, di competenze specifiche. Ed è giusto. Questi sono i mattoni di una solida fondazione accademica. Ma, se non si coltiva costantemente una sete di scoperta, una curiosità insaziabile, un’attitudine alla continua ricerca e al confronto, la dedizione si trasforma in un’abitudinaria routine. La progressiva perdita di quell’entusiasmo iniziale, l’abbandono del desiderio di approfondire, di mettere in discussione, di scoprire nuove prospettive, equivale a una disidratazione intellettuale, un progressivo appassimento della passione.
Questo stato di “deficit di curiosità” può manifestarsi in diverse forme: una didattica standardizzata, ripetitiva e prigioniera di schemi precostituiti; una mancanza di originalità nella ricerca e nella presentazione dei contenuti; una difficoltà a coinvolgere gli studenti, a suscitare la loro curiosità e, in definitiva, a stimolare il loro interesse per il sapere.
Ma la vera minaccia della disidratazione intellettuale non è solo la degradazione della figura del docente. Come un corpo disidratato, che può cadere in una condizione di insufficienza circolatoria e renale, anche il contesto accademico, privo di rinnovamento e di impulsi intellettuali, può compromettere la salute dell’intera comunità. La progressiva perdita di stimoli, di nuove prospettive, di ricerca pionieristica, si riflette in un impoverimento del dibattito scientifico e, in ultima analisi, in un rallentamento della crescita del sapere.
La soluzione non è un miracoloso rimedio. Non esiste una pillola magica per l’immortalità della curiosità accademica. È un impegno continuo, un’accurata cura di se stessi. Rileggere testi, esplorare nuovi campi, approfondire il dialogo con le nuove generazioni, confrontarsi con altre discipline, mantenere vivo il confronto con colleghi e studenti, sono gli antidoti efficaci alla disidratazione intellettuale. Solo la continua ricerca, l’accesa passione per il proprio ambito di studi, e l’impegno costante nella trasmissione del sapere, possono evitare che la sete di conoscenza si trasformi in una letale mancanza di stimolo. E solo così, il professore potrà dare, in definitiva, un’autentica e vitale testimonianza del suo impegno alla ricerca.
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