Quanto evade un tassista?

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Nel 2019, i tassisti dichiaravano in media 15.500 euro. Nel 2020, questo valore è sceso a 3.700 euro, salito a 8.400 nel 2021 per poi tornare a 15.500 euro nel 2022.

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Il Nobile Arte del Non Dichiarare: Quanto (Non) Guadagnano i Tassisti Italiani?

I tassisti, figure iconiche delle nostre città, avvolti nel traffico e dispensatori di saggezza spicciola tra una corsa e l’altra. Ma dietro il loro volante, si cela un mistero più profondo: quanto guadagnano realmente? Le statistiche, come spesso accade, dipingono un quadro frammentario e, a tratti, decisamente sorprendente.

Secondo i dati ufficiali, nel 2019, l’uomo (o la donna) al volante di un taxi italiano dichiarava in media al fisco una cifra di tutto rispetto: 15.500 euro. Un reddito onesto, sufficiente a tirare avanti e a contribuire al benessere collettivo. Poi, il caos. Il 2020, l’anno della pandemia, ha visto un crollo verticale delle dichiarazioni, con un valore medio precipitato a soli 3.700 euro. Un calo comprensibile, certo, considerando le limitazioni alla circolazione e il drastico calo del turismo.

Ma è l’altalena degli anni successivi a destare maggiore curiosità. Nel 2021, il reddito dichiarato risale timidamente a 8.400 euro, un segnale di ripresa, ma ancora ben lontano dai fasti pre-pandemia. Infine, nel 2022, un ritorno ai livelli del 2019, con una media di 15.500 euro dichiarati.

Cosa si cela dietro queste oscillazioni così marcate? La risposta, probabilmente, risiede nella complessa relazione tra reddito reale e reddito dichiarato. È risaputo che il settore dei trasporti, e in particolare quello dei taxi, è terreno fertile per l’evasione fiscale. Il pagamento in contanti, la difficoltà di tracciare le transazioni, la possibilità di lavorare in nero: sono tutti fattori che contribuiscono a creare un’area grigia in cui è facile “dimenticare” di dichiarare una parte dei guadagni.

L’introduzione di strumenti di pagamento elettronici e l’obbligo di POS sui taxi avrebbero dovuto contrastare questa tendenza. Ma è sufficiente un “non funziona” ben orchestrato, o una preferenza marcata per il contante da parte del cliente (complice magari una tariffa leggermente più vantaggiosa), per aggirare l’ostacolo.

La questione dell’evasione fiscale nel settore dei taxi non è solo un problema di entrate mancate per lo Stato. Influisce anche sulla concorrenza, penalizzando i tassisti onesti che dichiarano correttamente i propri redditi e rispettano le regole. Inoltre, contribuisce a creare un’immagine distorta della professione, alimentando sospetti e pregiudizi nei confronti di un’intera categoria.

È dunque necessario un intervento più incisivo, che combini controlli più rigorosi con incentivi alla trasparenza. Magari l’implementazione di sistemi di fatturazione elettronica obbligatoria, o la promozione di campagne di sensibilizzazione che sottolineino i vantaggi della legalità. Solo così si potrà riportare un po’ di chiarezza nel labirintico mondo dei taxi italiani e, forse, scoprire la vera entità dei loro guadagni (e delle loro “dimenticanze”).