Qual è il limite critico di temperatura per gli alimenti freddi in distribuzione?

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Nella distribuzione di alimenti surgelati, la catena del freddo mira a mantenere una temperatura costante inferiore a -18°C. È tollerata una fluttuazione temporanea, con un aumento massimo consentito di 3°C rispetto a questa temperatura di riferimento, per brevissimi periodi durante le diverse fasi del processo.

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La fragile catena del freddo: quando la temperatura mette a rischio gli alimenti surgelati

La distribuzione di alimenti surgelati rappresenta una sfida complessa, un intricato balletto logistico in cui il tempo e la temperatura sono i ballerini principali. La sicurezza alimentare, infatti, dipende in modo cruciale dal mantenimento di una catena del freddo impeccabile, che garantisca la conservazione delle proprietà organolettiche e, soprattutto, la prevenzione dello sviluppo di microrganismi patogeni. Ma qual è il limite critico di temperatura che non deve essere oltrepassato?

La regola aurea per gli alimenti surgelati è inequivocabile: la temperatura deve rimanere costantemente inferiore a -18°C. Questa temperatura, ben al di sotto del punto di congelamento dell’acqua, inibisce la crescita batterica e rallenta significativamente i processi enzimatici che potrebbero compromettere la qualità del prodotto. Si tratta di una soglia fondamentale che garantisce la conservazione a lungo termine delle caratteristiche organolettiche – sapore, aroma, consistenza – e la sicurezza microbiologica degli alimenti.

Tuttavia, nella realtà della distribuzione, raggiungere una perfezione assoluta è praticamente impossibile. Si verificano inevitabilmente delle fluttuazioni di temperatura, dovute a diversi fattori: il carico e lo scarico delle merci, il trasporto su strada, le eventuali interruzioni di corrente nei magazzini. È per questo che, pur essendo -18°C la temperatura ideale, si ammette una tolleranza, una piccola oscillazione temporanea.

Questa tolleranza, però, è rigorosamente limitata e condizionata a durate estremamente brevi. Si accetta un aumento massimo di 3°C rispetto a -18°C, quindi una temperatura di -15°C, ma solo per periodi limitati e ben circoscritti all’interno delle varie fasi di trasporto e stoccaggio. Superare questa soglia per tempi più lunghi, o raggiungere temperature superiori, comporta un elevato rischio. L’aumento della temperatura, infatti, può favorire la moltiplicazione di batteri, la formazione di cristalli di ghiaccio di dimensioni maggiori che danneggiano la struttura del cibo e, conseguentemente, la degradazione della qualità e, nei casi più gravi, la contaminazione batterica con conseguenti problemi di sicurezza alimentare.

Monitorare costantemente la temperatura lungo tutta la filiera è quindi essenziale. Sistemi di monitoraggio elettronici, registratori di dati e controlli puntuali da parte degli operatori sono strumenti indispensabili per garantire che la catena del freddo non venga interrotta, preservando la qualità e la sicurezza degli alimenti surgelati che giungono sulle nostre tavole. La sfida, quindi, non è solo tecnologica, ma anche di formazione e controllo, per una gestione responsabile e attenta di un processo così delicato e importante per la salute pubblica.