Quante patatine a testa?

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Per una porzione sana di patatine fritte, limitarsi a sei. Questa raccomandazione di un nutrizionista di Harvard ha suscitato scalpore in paesi con un consumo di patatine molto più elevato.

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Sei patatine e poi basta? La polemica sulla porzione “sana” che fa discutere

“Sei patatine fritte”. Questa la quantità consigliata per una porzione considerata “sana” da Eric Rimm, nutrizionista della Harvard T.H. Chan School of Public Health. Una dichiarazione che ha scatenato un’ondata di reazioni, soprattutto in quei paesi dove le patatine fritte sono un alimento onnipresente e consumato in quantità ben più generose.

L’affermazione di Rimm, rilasciata durante un’intervista al New York Times, si basa sulla considerazione dell’elevato apporto calorico e di grassi saturi delle patatine fritte, fattori che contribuiscono all’aumento di peso e al rischio di malattie cardiovascolari. Sei patatine, a suo parere, rappresenterebbero un compromesso accettabile per concedersi un piccolo piacere senza compromettere eccessivamente la propria salute.

Ma la raccomandazione ha sollevato un vero e proprio polverone. Sui social media, l’ironia e lo sdegno si sono mescolati in un coro di proteste. Molti hanno sottolineato l’irrealizzabilità di una porzione così ridotta, considerata quasi un “assaggio” piuttosto che un vero e proprio contorno. Altri hanno evidenziato la difficoltà di applicare rigide regole numeriche al consumo di cibo, preferendo un approccio più equilibrato e basato sulla moderazione e la varietà alimentare.

La polemica sollevata dalla dichiarazione di Rimm mette in luce la complessità del rapporto con il cibo. Da un lato, la necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di una dieta sana ed equilibrata; dall’altro, il rischio di demonizzare singoli alimenti e di promuovere un approccio ansiogeno e restrittivo al piacere della tavola.

Infatti, se è indubbio che un consumo eccessivo di patatine fritte sia dannoso per la salute, è altrettanto vero che una piccola porzione occasionale, inserita in un contesto alimentare complessivamente sano, difficilmente può causare danni significativi. Piuttosto che concentrarsi su un numero preciso di patatine, sarebbe più utile educare i consumatori a scegliere metodi di cottura più salutari, come la cottura al forno, e a privilegiare l’utilizzo di oli vegetali di buona qualità.

In definitiva, la questione delle “sei patatine” ci ricorda che la salute non si costruisce con rigide proibizioni, ma con scelte consapevoli e un rapporto sereno con il cibo. Un approccio che tenga conto non solo degli aspetti nutrizionali, ma anche del piacere e della convivialità che il cibo rappresenta nella nostra cultura.