Quanto costa un succo di frutta al bar?
Il succo amaro della filiera: tra il prezzo al banco e il guadagno del produttore
Il semplice gesto di ordinare un succo di frutta al bar, atto apparentemente banale e dissetante, cela una realtà economica complessa e, per molti produttori, decisamente amara. Secondo recenti dati Coldiretti, il prezzo medio di un succo di frutta al bancone di un bar si aggira intorno ai 3 euro. Una cifra che, a prima vista, potrebbe sembrare ragionevole, ma che nasconde un divario significativo tra il costo finale per il consumatore e il guadagno effettivo di chi coltiva la frutta. Dietro quel semplice bicchiere, infatti, si cela un’intera filiera che, spesso, lascia ai margini chi si impegna nella produzione agricola.
Mentre il consumatore paga 3 euro per un succo, il produttore riceve mediamente meno di un euro. Questa discrepanza rappresenta un problema strutturale, un’ingiustizia che erode la redditività dell’agricoltura italiana e minaccia la sopravvivenza di molte aziende agricole, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni. Il percorso che separa il frutto dal bicchiere è lungo e articolato: dalla raccolta, alla lavorazione, alla trasformazione, fino alla distribuzione. Ogni passaggio della filiera implica costi, ma è nella distribuzione e nella commercializzazione che si concentra la maggior parte del valore aggiunto, lasciando al produttore una quota sproporzionatamente bassa.
Questo fenomeno non è limitato ai succhi di frutta, ma si estende a molti altri prodotti agroalimentari. L’elevata intermediazione, la mancanza di trasparenza nella filiera e la scarsa capacità di negoziazione dei produttori contribuiscono a questa disparità. La conseguenza è un impoverimento delle campagne e una crescente difficoltà per i giovani a intraprendere un’attività agricola, con il rischio di un’ulteriore riduzione della produzione nazionale e di una crescente dipendenza dalle importazioni.
Per contrastare questa situazione, è necessario un intervento a più livelli. Da un lato, è fondamentale aumentare la consapevolezza dei consumatori, incoraggiandoli a scegliere prodotti a km zero e a sostenere le aziende agricole locali che garantiscono una maggiore equità nella distribuzione del valore. Dall’altro, è necessario un impegno da parte delle istituzioni per promuovere la trasparenza e la tracciabilità delle filiere, rafforzando il potere contrattuale dei produttori e favorendo la creazione di reti di vendita alternative che permettano loro di accedere direttamente ai mercati, bypassando una parte degli intermediari.
Solo attraverso un’azione congiunta di consumatori, istituzioni e operatori del settore sarà possibile rendere più giusta ed equa la filiera agroalimentare, assicurando un futuro sostenibile all’agricoltura italiana e permettendo a chi coltiva la frutta di godere del frutto del proprio lavoro, oltre che del semplice piacere di un succo fresco. Il sapore di quel succo, infatti, dovrebbe essere dolce non solo al palato, ma anche per chi lo produce.
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