Come definire il colore bianco?

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Il bianco, in generale, è lassenza di colore, mentre il nero è la sovrapposizione di tutti i colori. In cromia additiva, invece, il nero è lassenza di colore e il bianco la massima luminosità.
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Il Bianco: Un’Assenza o una Presenza? L’Arduo Compito di Definirlo

Il bianco. Sembra un concetto semplice, immediato, quasi banale. Eppure, definire il bianco si rivela un’impresa sorprendentemente complessa, un viaggio labirintico tra percezione, fisica e semantica. La sua apparente semplicità cela una profonda ambiguità, un paradosso cromatico che ha affascinato artisti, scienziati e filosofi per secoli.

L’affermazione comune, “il bianco è l’assenza di colore”, è in realtà una semplificazione eccessiva, valida solo in un determinato contesto. Questa definizione trova fondamento nella fisica, nello specifico nella percezione della luce riflessa. Un oggetto appare bianco perché riflette tutte le lunghezze d’onda dello spettro visibile in egual misura. Nessuna lunghezza d’onda è assorbita, nessuna “colore” emerge. In questo senso, il bianco rappresenta la neutralità, un vuoto cromatico che, paradossalmente, si manifesta come una presenza luminosa.

Tuttavia, questa spiegazione non è esaustiva. Infatti, la cromia additiva, alla base della tecnologia dei display e delle luci a LED, sovverte completamente questo paradigma. Qui, il bianco non è assenza di colore, bensì la somma di tutti i colori primari: rosso, verde e blu. La sua intensità corrisponde alla massima luminosità ottenibile dalla combinazione di questi tre elementi. In questo modello, è il nero ad essere definito come assenza di colore, l’assenza di stimolazione delle cellule fotorecettrici della retina.

Questa duplice natura del bianco – assenza di colore in riflessione, somma di colori in emissione – evidenzia la natura stessa della sua definizione: strettamente dipendente dal contesto. Non esiste una definizione universale, ma piuttosto una serie di definizioni che si applicano a diversi ambiti. La pittura ad olio, ad esempio, si confronta con il bianco come pigmento, una sostanza fisica che, pur tendendo alla massima riflessione, possiede caratteristiche chimiche e fisiche che influenzano la resa cromatica finale. In fotografia, il bianco è un valore di luminosità calibrato, definito in relazione al sistema di acquisizione utilizzato.

Al di là dell’aspetto fisico, il bianco possiede anche una forte valenza simbolica e culturale. Associato alla purezza, all’innocenza, alla luce e alla spiritualità, il bianco trascende la semplice definizione cromatica, assumendo significati profondi e mutevoli a seconda della cultura e del contesto storico. Un abito bianco da sposa, un camice da medico, una bandiera bianca di resa: il bianco comunica concetti complessi e spesso contrastanti, oltrepassando la mera percezione del colore.

In conclusione, definire il bianco non è un’operazione semplice. La sua essenza sfugge a una descrizione univoca, rivelandosi un concetto multiforme che si declina in diverse sfaccettature a seconda della prospettiva adottata. La sua ambiguità, piuttosto che essere un difetto, ne costituisce la ricchezza, la sua capacità di incarnare simultaneamente l’assenza e la pienezza, la neutralità e la luminosità massima.