Come si traduce il più che perfetto latino in italiano?

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In italiano, il più che perfetto corrisponde al trapassato prossimo (avevo lodato). Si forma aggiungendo al tema del perfetto il suffisso -ĕra- seguito dalle desinenze personali.

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Dal Perfetto Più che Perfetto al Trapassato Prossimo: un Viaggio nel Tempo Verbale

La lingua latina, con la sua eleganza e precisione, offre una miriade di sfumature espressive che spesso si rivelano un enigma per chi si avvicina al suo studio. Tra queste, il plusquamperfectum, comunemente tradotto come “più che perfetto”, rappresenta una pietra miliare nella comprensione della temporalità verbale. Ma come si traduce esattamente questa forma verbale latina nel più accessibile italiano?

La risposta risiede nel trapassato prossimo. Questa forma verbale italiana, composta dall’ausiliare “avere” o “essere” al passato prossimo e dal participio passato del verbo principale (es. avevo lodato, ero andato), svolge la funzione di esprimere un’azione compiuta nel passato, anteriore rispetto a un’altra azione anch’essa passata. Questa relazione di anteriorità è proprio la chiave per comprendere il plusquamperfectum latino.

Prendiamo l’esempio fornito: “avevo lodato”. Questa traduzione diretta del plusquamperfectum latino illustra perfettamente il concetto. Immaginiamo una frase latina come “Laudāveram eum, antequam discessit” (Lo avevo lodato, prima che se ne andasse). Il verbo “laudāveram” è chiaramente al plusquamperfectum, indicando un’azione, quella del lodare, che si è verificata prima dell’azione di andarsene (“discessit”). In italiano, la traduzione naturale sarebbe: “Lo avevo lodato prima che se ne andasse”, utilizzando il trapassato prossimo “avevo lodato” per rendere la sfumatura di anteriorità.

Ma andiamo un po’ più a fondo nella formazione del plusquamperfectum latino, come accennato nel contenuto iniziale. La sua costruzione prevede l’utilizzo del tema del perfetto del verbo, a cui si aggiunge il suffisso -ĕra- seguito dalle desinenze personali che indicano la persona e il numero del soggetto. Questo meccanismo ci permette di ricostruire la forma verbale e, di conseguenza, di comprenderne meglio il significato.

Ad esempio, dal verbo “amare” (amare), il tema del perfetto è “amav-“. Aggiungendo il suffisso -ĕra- e le desinenze personali, otteniamo le seguenti forme:

  • amavĕram (io avevo amato)
  • amavĕras (tu avevi amato)
  • amavĕrat (egli aveva amato)
  • amavĕramus (noi avevamo amato)
  • amavĕratis (voi avevate amato)
  • amavĕrant (essi avevano amato)

Analizzando queste forme, possiamo notare la coerenza e la regolarità del sistema verbale latino, che, sebbene possa apparire complesso a prima vista, rivela una logica interna raffinata.

In conclusione, la traduzione del plusquamperfectum latino in italiano si affida principalmente al trapassato prossimo. La comprensione della formazione del plusquamperfectum in latino, con il suo tema del perfetto, il suffisso -ĕra- e le desinenze personali, ci aiuta a decodificare il significato profondo di questa forma verbale e a trasporlo con accuratezza nella nostra lingua, preservando la ricchezza e la precisione che caratterizzano il latino. Imparare a riconoscere e tradurre il plusquamperfectum è, quindi, un passo fondamentale per padroneggiare la lingua di Cicerone e Virgilio e per apprezzarne appieno la sua intrinseca bellezza.