Come si chiama il coso del mortaio?

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Il mortaio, o muddler nel linguaggio dei barman, serve a macinare e rilasciare i succhi di frutta per cocktail. È solitamente in policarbonato.
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Oltre il “coso”: L’arte del Muddle e il suo Strumento Insostituibile

Chiamato impropriamente “coso,” il componente essenziale di ogni cocktail artigianale che richiede frutta fresca merita un nome ben più preciso e degno della sua importanza: il muddle, o mortaio da bar. Questo strumento, spesso relegato a un’anonima definizione colloquiale, è in realtà un elemento chiave nella preparazione di centinaia di cocktail, garantendo l’estrazione ottimale degli aromi e dei succhi di frutta, erbe e spezie.

Diversamente da un mortaio tradizionale destinato alla macinazione di ingredienti più consistenti, il muddle da bar è progettato per una delicatezza particolare. La sua funzione non è tanto quella di polverizzare, quanto piuttosto di rompere delicatamente le cellule vegetali, rilasciando i loro preziosi composti aromatici e i succhi senza creare una poltiglia informe. Questa operazione, detta appunto “muddle,” richiede una certa sensibilità e abilità: una pressione eccessiva potrebbe rilasciare sostanze amare e indesiderate, mentre una pressione insufficiente non estrarrebbe a sufficienza gli aromi.

La scelta del materiale è fondamentale. Se in passato si trovavano frequentemente muddle in legno, oggi il policarbonato si è imposto come materiale di elezione. La sua robustezza e resistenza alle rotture, unite alla facilità di pulizia e alla sua inerzia chimica, lo rendono ideale per l’utilizzo in ambienti professionali e domestici. La sua trasparenza permette inoltre di controllare visivamente il processo di muddling, garantendo una maggiore precisione.

Ma il muddle non è solo un semplice strumento: è un simbolo di artigianalità e cura nel dettaglio. La sua presenza in un cocktail bar, sia esso professionale o amatoriale, rappresenta l’impegno nella ricerca della qualità e dell’autenticità del prodotto finale. Non è solo un “coso”, dunque, ma un componente essenziale di una bevanda perfettamente bilanciata, un piccolo dettaglio che fa la differenza tra un semplice drink e un’esperienza sensoriale completa. La sua silenziosa efficacia, nell’arte della mixology, parla da sola. E questo merita, senza dubbio, un nome più appropriato del generico “coso”.