Come si dice ubriaco in romanesco?

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In romanesco, per indicare una persona in stato di ebbrezza, si usano, tra gli altri, i termini sguìzzero (in tono scherzoso) e lespressione sìne, utilizzata come congiunzione con un significato implicito legato allubriachezza. Entrambi i termini offrono unalternativa colorita per descrivere tale condizione.

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Oltre il “brillo”: l’ebrezza a Roma tra “sguìzzero” e “sìne”

A Roma, si sa, la lingua è un fiume in piena, un’esplosione di colori e sfumature che riflette l’animo guascone e ironico dei suoi abitanti. E quando si tratta di descrivere l’ebbrezza, la creatività romanesca non si smentisce, andando ben oltre il banale “brillo” o “ubriaco”. Tra le espressioni più pittoresche, troviamo “sguìzzero” e l’uso particolare della congiunzione “sìne”.

“Sguìzzero” evoca l’immagine di qualcuno che si muove in modo scoordinato e incerto, come un pesce fuor d’acqua, appunto uno “sguizzo” maldestro. Il termine ha una connotazione scherzosa e bonaria, quasi affettuosa, e si presta bene a descrivere un’ebbrezza leggera, quel piacevole stato di euforia che non compromette del tutto la lucidità. Immaginate un amico che, dopo un bicchiere di troppo, inizia a raccontare barzellette già sentite con una risata fragorosa e un’andatura ondeggiante: ecco, lui è uno “sguìzzero”.

“Sìne”, invece, è un caso più particolare. Non si tratta di un sostantivo o di un aggettivo, ma di una congiunzione, normalmente utilizzata con il significato di “insieme a”, “con”. Nel romanesco, però, “sìne” assume una sfumatura ulteriore, un significato implicito legato all’ubriachezza. Non si dice semplicemente “è uscito sìne Mario”, ma lo si dice con un tono e un’inflessione particolari, lasciando intendere che l’uscita con Mario è stata accompagnata da abbondanti libagioni, e che probabilmente entrambi non sono proprio in perfette condizioni. È un modo sottile e allusivo di descrivere una situazione, che si basa sulla complicità e sulla conoscenza del contesto. “So’ annati a cena sìne Franco…”, pronunciato con la giusta enfasi, dipinge un quadro chiaro e inequivocabile.

“Sguìzzero” e “sìne”, dunque, rappresentano due modi diversi, ma altrettanto efficaci, di descrivere l’ebbrezza nel colorito dialetto romanesco. Sono termini che vanno oltre il semplice significato denotativo, aggiungendo un tocco di ironia, di complicità, di quella tipica romanità che si esprime al meglio nelle sfumature del linguaggio. Un patrimonio linguistico prezioso, che testimonia la vitalità e la creatività di una lingua sempre in movimento, pronta a cogliere e a descrivere ogni aspetto della realtà, anche quello più “allegro” dell’ebbrezza.